microsismi le mani tremano dentro il vetro negli sguardi ogni nota ritorna come un frammento di ricordo non sei niente di tutto questo se non puoi essere il tutto di questo che è una melodia con la voce, una voce talmente pura da tagliare il vuoto è contento nel petto ciò che batte e respira in questo mondo, un mondo fra tanti, una vita fra tante, ma la musica di questo istante è talmente bella e talmente unica.
Non sono nemici, sono solo stupidi: da stupere “essere stordito, stupito, confuso,” dal proto-indoeuropeo *stupe- “colpire,” dalla radice *(s)teu- (1) “spingere, infilare, battere”
Scoperta Yuji Yeon, “Songs Without Words”.
Un uomo corre lungo la strada, a perdifiato, i capelli scompigliati, la maglietta sudata. Rallenta, si ferma. Rimane fermo per qualche minuto, guarda davanti a sé. Infine si volta. Lentamente torna indietro, la mano sul fianco, la testa bassa a guardare l’asfalto, forse senza vederlo.
Una donna è invecchiata così tanto che sta seduta su una panchina e indossa un abito azzurro come il cielo e beve una bibita e il suo volto è così storto e scavato in una risata senza fine che pare che pianga mentre beve.
Un bambino cade per terra, sulle ginocchia. Rimane immobile per un tempo indefinito, lui e la terra che ha sotto di sé. La bocca si stringe. Gli occhi si stringono. Lento tira su una mano e guarda il proprio palmo, quel palmo estraneo e ferito.
Musica: Dobrawa Czocher – Timelines
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